Leggi l’articolo su DIREGIOVANI.IT
“In Italia ogni 350 euro spesi in pensioni un euro viene speso in educazione. I giovani in Italia fanno fatica a lavorare ed emanciparsi, infatti il 54% vivrebbe o ha già vissuto all’estero, scelta dettata dalla ricerca di un buon lavoro e dalla volontà di non vivere più coi genitori, condizione quest’ultima che accomuna il 56% dei giovani italiani della fascia 18-34 anni. È uno dei tassi più alti d’Europa.
Ricchezza privata e spesa pubblica riflettono quindi lo squilibrio di potere che caratterizza il rapporto tra le generazioni in Italia sebbene i giovani sembrerebbero esserne poco consapevoli. ‘Se non ci mobilitiamo contro le generazioni anziane è perché è più facile andare via’, ci ha detto Bianca, 20 anni, durante uno dei nostri focus group. Ci troviamo quindi con 600.000 laureati italiani che scelgono l’estero, soprattutto dalla Lombardia e verso Londra. Se questo è il quadro, quali prospettive per i giovani in Italia nel post-Covid?”.
Sono, questi, solo alcuni dei dati proposti da Lorenzo Newman, direttore e co-fondatore di ‘Learn More’, durante l’evento ‘Restare o Partire?’. Di conflitto intergenerazionale e politiche per i giovani al tempo dell’emergenza socio-economica connessa alla pandemia hanno dibattuto in diretta streaming le parlamentari rispettivamente PD e FI Lia Quartapelle e Deborah Bergamini e Giulio Saputo, coordinatore assemblea del Consiglio Nazionale Giovani (CNG), in occasione della presentazione in anteprima del report ‘Next Generation Italy’, realizzato da Learn More e Quorum per il British Council.
L’evento ‘Partire o Restare?’, moderato dal vicedirettore di Fanpage Francesco Cancellato, ha messo al centro della discussione le risultanze di questo report che nel 2019 ha coinvolto 2015 giovani in interviste, sondaggi e focus group con l’obiettivo di raccogliere dati per esplorare i bisogni, le potenzialità e le aspirazioni dei giovani e, quindi, porre le basi per un più soddisfacente impianto di politiche giovanili.
Per Lia Quartapelle le risposte stanno sì nella politica e nelle istituzioni ma anche nella partecipazione dei giovani:
“Abbiamo bisogno di persone che chiedono alla politica, noi aspettiamo da tanto questa spinta. Il PD è un partito contendibile, se hai voglia di fare c’è chi ti spinge. Ma più di tutto abbiamo bisogno di ragazzi che facciano cose difficili perché cambiare questo paese è difficile”.“Abbiamo vissuto collettivamente una esperienza dura, di privazione della libertà, che in pochi avevano sperimentato prima di noi- ha proseguito la parlamentare dem- e questa esperienza ha dato ai nostri giovani strumenti di maturità e crescita senza precedenti”. “Il piano europeo per la ripresa- ha concluso- è una grande opportunità per l’Italia. Se sappiamo affrontare bene questa sfida e spendere in istruzione, occupazione e aree interne, i ragazzi che hanno sofferto di più in questo periodo avranno, rispetto ai coetanei della crisi del 2008, più risorse e più risposte”.
D’accordo la collega FI Deborah Bergamini:
“La politica deve fare in modo che i giovani italiani non si trovino spaventati di fronte alla complessità perché quando ci si spaventa ci si immobilizza. La complessità è ricchezza e sfida- prosegue la deputata forzista che poi indica, a suo avviso- le misure necessarie: maggiore flessibilità del mercato del lavoro, detassazione delle assunzioni degli under 35, sburocratizzazione delle start-up e delle pmi in campo digitale, creativo o agricolo, investimento in competenze per aiutare i giovani del sud. Personalmente dico no al reddito di cittadinanza perché è come una paghetta mensile che dice al giovane stai buono e non disturbare”. Al contrario serve “aumentare la libertà di agire dei giovani e far sì che vengano prima di tutto nell’agenda nazionale”.
Proposte che fanno il paio con quelle di Giulio Saputo del CNG, secondo il quale è necessario inaugurare una nuova stagione di
“lotta al lavoro gratis e ai salari bassi, per stage retribuiti degnamente e indennità per tirocinanti come in altri paesi. E basta a dottorati senza borsa. I giovani, in qualunque epoca, sanno trovare sbocchi ma il problema è che le leve del potere non sono in mano a loro, quindi le leve del cambiamento deve attuarle chi attualmente ha potere. I giovani sono una minoranza su cui si scarica continuamente il peso dell’amministrazione dell’esistente. Se i costi della crisi ricadono sempre su giovani è difficile chiedere di avere fiducia”.
I giovani italiani, rileva l’OCSE, entrano nel mercato del lavoro intorno ai 25 anni. L’idea che emerge dal report ‘Next Generation Italy’ è che l’ottimismo dei giovani si spegne non appena si confrontano col mercato del lavoro. Ad esempio, se si chiede ai ragazzi cos’è più importante per ottenere un lavoro in linea con le proprie aspettative, fintanto che hanno tra i 18 e i 22 anni rispondono per il 30% che è importante l’istruzione mentre solo il 14% considera la raccomandazione; invece, nella fascia d’età 27-30 anni solo il 23% insiste sull’istruzione mentre il 19% risponde che è importante farsi raccomandare.
“Ma invertire rotta si può- prosegue Saputo che insieme alla Quartapelle e al neonato movimento per la parità intergenerazionale ‘AssembraMenti’ ha accolto la proposta di convocare degli ‘Stati generali dei giovani’, aderendo alla sollecitazione lanciata in un editoriale dal professore Alessandro Rosina. “Sul piano europeo- argomenta Saputo- bisogna trovare risorse per le politiche per i giovani perché l’Europa del futuro non può penalizzarli ancora”. Sul piano nazionale, invece, Saputo parafrasa una intuizione che fu formulata in principio da ‘Figli Costituenti’: “Costruiamo un patto generazionale. Come? Ad esempio, introducendo l’obbligo di valutazione dell’impatto generazionale per ogni legge o provvedimento pubblico. Si vuole fare nuovo debito pubblico? Bene, ma prima chiediamoci come inficerà sul futuro delle nuove generazioni e poi facciamolo, ma solo se di fronte abbiamo un progetto di politica strutturale”.