Assemblea Nazionale CNSI

La Presidente Pisani ha salutato con queste parole la Conferenza Nazionale degli Studenti degli Istituti Superiori di Studi Musicali

Care studentesse e cari studenti,  

con grande dispiacere non posso essere con voi in questa importante assemblea, ho voluto però mandarvi questo breve saluto per portarvi una testimonianza, che da questo punto di vista, dalla visuale di un ente consultivo del nostro Paese che rappresenta associazioni nazionali diverse e una platea di 4 milioni di giovani italiani, forse potrà aiutarvi a sentirvi meno soli.

Quando parliamo di diritto allo studio parliamo di una importante opportunità che purtroppo, oggi, ancora differenzia molte aree del nostro Paese. Migliori collegamenti, edifici adeguati e assistenza di livello sono strettamente connessi ad una formazione di qualità che dovremmo garantire costituzionalmente, egualmente tra i giovani del nostro Paese.

Ma quali sono per noi le altre possibili soluzioni? Vedete non esistono risposte semplici per problemi complessi. Le misure devono lavorare – a nostro parere – parallelamente e su un doppio binario. Il primo è rappresentato da un adeguamento dell’impianto formativo che, pur mantenendo quelle caratteristiche che hanno contribuito a costruire grandi intelligenze, che poi purtroppo vanno via, va certamente adeguato ad un livello europeo, per tempi e per contenuti.

In un mondo dove la comparazione tra curricula è globale sarebbe miope ragionare ancora per compartimenti stagni.

Allo stesso tempo vanno tutelate, in ogni modo possibile, le professioni culturali, che hanno caratterizzato il nostro Paese e che – al contrario di quanto qualcuno abbia detto in passato – rappresentano un’industria fiorente, che ci ha fatto storicamente distinguere nel mondo. In particolare se penso al mondo della musica, alla quale sono tanto appassionata, penso alla costruzione di idee e piattaforme di pensiero che siano in grado di cavalcare i tempi che viviamo e le sue innovazioni.

Dall’intelligenza artificiale ai diritti di proprietà intellettuale, non possiamo pensare di fermare l’evoluzione e l’innovazione tecnologica con una mano, ma dobbiamo studiare, approfondire, sperimentare i modi possibili per diventare leader in Europa e nel mondo di questi comparti, e dobbiamo farlo partendo da noi. Dai più giovani studenti di oggi.

Dobbiamo farlo con un patto, che è generazionale ma anche interconnesso tra mondi: quello della scuola, quello dell’università e della ricerca, quello del lavoro, quello dei cittadini. Senza creare contrapposizioni e rendite di posizione, ma ponti che uniscono, per costruire il nostro futuro.

C’è poi una seconda strada da percorrere e riguarda la costruzione di un sistema Paese che renda agevole l’incontro tra domanda e offerta. Questo presuppone un totale ripensamento dei centri per l’impiego, l’attuazione di politiche che costruiscano ambienti fertili, snelli e veloci, attrattivi per gli investimenti, un’uniforme costruzione delle reti nel nostro Paese, dalle infrastrutture fisiche a quelle digitali, che non costringano il Mezzogiorno e le periferie alla desertificazione, come sta avvenendo da tempo.

Ma parlo anche di un alleggerimento del peso burocratico, di un cambio di passo radicale nella cultura del fallimento, visto come necessario scalino verso il successo personale, e non come stigma di esclusione sociale.

Tutto questo, come diceva Filangieri, si realizza con “buone leggi” o “leggi buone”, come preferite. E purtroppo c’è da dire una cosa: l’Italia ha perso un’occasione importante con il PNRR, perché non ha previsto una missione specifica per l’infanzia e i giovani come invece auspicato dal Dispositivo di Ripresa e Resilienza, e così come avevamo esplicitamente richiesto.

Sì perchè nel nostro Paese l’ascensore sociale è fermo, e c’è bisogno di una scossa che lo riattivi e colmi soprattutto l’indice di povertà educativa che, molto speso, si traduce nella privazione delle competenze cognitive, ossia quelle competenze fondamentali per lo sviluppo formale professionale.  Ma si traduce anche nel mancato sviluppo delle capacità “non-cognitive” quali la motivazione, l’autostima, la comunicazione, l’empatia, la visione, ossia la spinta ad avere aspirazioni e sogni, che sono altrettanto fondamentali per lo sviluppo, il progresso e il benessere individuale e collettivo.

 

Il nostro paese viene infatti definito “immobile” perché le disparità scolastiche sono rimaste immutate dal 2000. La ricchezza dei giovani rispetto alle generazioni precedenti è diminuita di 7 volte secondo Bankitalia.

Alcuni gruppi caratterizzati da fattori quali il genere, la collocazione territoriale, il background economico e migratorio, sono storicamente svantaggiati e la scarsa mobilità sociale finisce per proseguire di generazione in generazione ed approfondire queste disuguaglianze.

L’aumento della disparità di reddito delle famiglie è una delle cause principali della bassa crescita economica che alimenta le disuguaglianze di opportunità educative tra i giovani. La disponibilità e l’accessibilità a risorse che consentono e ampliano le opportunità sociali, sportive e culturali, non solo hanno un valore intrinseco per il processo di crescita personale, ma producono vantaggi indiretti anche per l’apprendimento scolastico.

Inoltre, il legame tra le condizioni di svantaggio socio-economico e la povertà educativa è particolarmente accentuato, in quanto la povertà educativa rimane un fenomeno principalmente ereditario. Pensate che più del 60% dei bambini di genitori che non hanno un’istruzione secondaria superiore mantiene lo stesso grado di educazione dei genitori e solo il 6% ottiene una laurea secondo i dati OCSE del 2018.

C’è il fatto che la crescita salariale non è regolare, ma la relazione che esiste tra istruzione e salario è chiara: le soglie di reddito sono proporzionali al livello di educazione.

Un tema chiave individuato dall’analisi della letteratura su questo tema è la natura, la qualità e la forza delle reti sociali e di supporto che circondano le scuole, le famiglie, i bambini e i giovani. E dimostra che concentrarsi esclusivamente sulle politiche educative e sulle scuole non affronta i divari di rendimento legati alla povertà.

È necessario, perciò, un approccio olistico alle politiche pubbliche, basato sulla costruzione di una solida infrastruttura di sostegno attorno a scuole, famiglie e comunità. Per questi motivi, in conclusione e in sintesi, esistono 5 direttrici sulle quali veramente investire per contrastare la povertà educativa, e sono queste: rompere l’immobilismo sociale nell’istruzione e nell’occupazione; ridurre il numero di NEET; coinvolgere le reti sociali e di supporto; monitorare la salute mentale e il benessere dei giovani e potenziare politiche di finanziamento scolastico, per ridurre concretamente le disuguaglianze oggettive.

Crediamo sia essenziale sistematizzare le progettualità per le giovani generazioni, aumentare lo stanziamento delle risorse previste e soprattutto prevedere un meccanismo di controllo, monitoraggio e valutazione generazionale.

Il divario generazionale che si è enormemente accumulato negli ultimi 15 anni presuppone che ogni norma, che possa avere un impatto diretto o indiretto sulle giovani generazioni, sia valutata e misurata dagli stessi giovani sui quali ricadrà.

In conclusione, vi mando un affettuoso saluto nella speranza che avremo modo di incontrarci presto.

 

Roma, 4 maggio

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